
Gli hacker del Gratta e Vinci non sono criminali, ma un incrocio tra un piccolo chimico e un torturatore seriale. Hanno l’aspetto ingannevole di due ragazze sorridenti, che nel tempo di un attimo, smaltiti i convenevoli, si rivelano spietatamente agguerrite. Bersagliano i biglietti di luci possenti, tradizionali e ultraviolette, per accertarsi che sia impossibile leggere in trasparenza tra i 22 strati d’inchiostro che li compongono; li bombardano con scariche elettriche violente e composti di reagenti per controllare che la parte da grattare non si alteri, non si sciolga né si dissolva.
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