
Mentre il capo politico Luigi Di Maio, già più pedestre, tratta alleanze e presidenze, il figlio del fondatore, Davide Casaleggio, vola altissimo sul «Washington Post». Scrive un articolo per ragguagliare gli americani sul programma del Movimento scritto dai cittadini (non è vero, in buona parte è copiato da economisti, parlamentari, Wikipedia), sui medesimi cittadini che hanno selezionato i candidati (non è vero, i candidati dell’uninominale sono stati scelti d’imperio da lui e dal capo politico) e per finire con un tratto avveniristico, su questo assaggio di democrazia diretta destinato a trasformarsi, grazie a Internet, nell’amministrazione del mondo tramite la volontà generale, delineata da Jean-Jacques Rousseau due secoli e mezzo fa. Lo diceva il padre Gianroberto, lo ripete il figlio Davide, la volontà generale non si impose per mancanza di strumenti. Ma adesso c’è il web
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